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Psicologia

Una mamma realizza bambole che hanno le stesse disabilità dei bambini, aiutandoli ad accettare le loro differenze

Per tutti noi, specie da bambini e da adolescenti, il desiderio più grande è essere accettati. E per essere accettati, per far parte del gruppo, cerchiamo di conformarci al gruppo anche nell’aspetto fisico.

 

Per alcuni di noi, però, questo è impossibile. Per esempio per i bambini che soffrono di condizioni o malattie particolari che li distinguono a prima vista da tutti gli altri.

Per questi piccoli la “battaglia” è doppia: contro la loro malattia o condizione e contro gli stereotipi di cui siamo tutti vittime fin dall’infanzia.

Basti citare su tutti il caso della Barbie: stangona coscialunga bionda e decisamente wasp che fino a non molto tempo fa era venduta tale e quale in tutto il mondo.

Una bambola che se la regalavi a una discendente di svedesi del Minnesota non c’erano problemi, ma già non era più così per una bambina discendente di siciliani a New York, e figuriamoci se poi la piccola in questione era una india di Città del Messico.

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E comunque in genere non era neppure questione di discendenza. La Barbie poteva essere un modello inavvicinabile anche per le bambine di puro ceppo germanico: mica siamo tutti alti 1,80, biondi e con gli occhi chiari…

Ancora oggi è molto difficile trovare dei giocattoli che possano far sentire rappresentati i bambini che hanno problemi fisici di vario tipo, il che può generare in loro un sentimento di esclusione fin dalla più tenera età.

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Amy Jandrisevits è una signora del Wisconsin che si è resa conto del problema e che ha deciso di fare qualcosa al riguardo. Anni fa lavorava come assistente sociale e tra i suoi compiti c’era quello di dare assistenza ai bambini malati terminali.

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Per quei piccoli giocare con una bambola poteva essere una piccola fonte di consolazione, ma se per esempio si trattava di bimbi che avevano perso i capelli per via della chemio, giocare con bambole o bambolotti pieni di capelli non faceva altro che rammentare loto quanto erano diversi.

L’idea della signora è stata quella di confezionare bambole che assomigliassero ai bimbi in carne e ossa che dovevano giocarci: con gli occhiali, se avevano gli occhiali, con l’apparecchio acustico se avevano l’apparecchio acustico, senza capelli se facevano la chemio, e così via…

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Dopodiché, siccome siamo sempre in America, la signora ha deciso di fondare una vera e propria azienda dedicata a questo compito.
Il nome della ditta dice tutto quello che c’è da sapere sulla “filosofia” della ditta: A Doll like Me, Una bambola come me.

Adriano

Lettore onnivoro e disordinato. Giornalista di cronaca locale e di tutto un po'. Scrivere è come una droga, ma almeno per quello non ti arrestano.

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Adriano
Tags: psicologia

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