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“Lo scorpione e la tartaruga” è una fiaba spesso attribuita ad Esopo, di cui tuttavia esistono molte varianti. Essa probabilmente risale al Panchatantra una raccolta di favole di animali risalenti all’India del III secolo a.C.
Un giorno, camminando tranquillamente, uno scorpione giunse nei pressi di un piccolo fiumiciattolo.
Tutto preoccupato iniziò a pensare: “Come farò a passare sulla sponda opposta, sono uno scorpione, non so nuotare!”.
Proprio mentre stava pensando questa cosa si accorse che poco distante da lui vi era, tranquilla e pacioccosa, una piccola tartaruga.
Avvicinandosi lentamente, per non spaventarla, riuscì ad arrivare a pochi centimetri da lei ed a quel punto le disse: “Buon giorno giovane tartaruga. Non avere paura di me! Avrei bisogno che tu mi facessi un favore per cortesia”. La tartarughina, subito preoccupata alla vista dello scorpione, fece qualche passo all’indietro e nel frattempo rispose “Scorpione, che tipo di favore vorresti mai chiedermi?”.
Lo scorpione allora le rispose: “Devo assolutamente passare dall’altra parte di questo fiume, ma come tu ben saprai, noi scorpioni non siamo capaci di nuotare e sicuramente morirei nell’impresa. Se invece tu fossi così gentile da farmi salire sopra di te potresti farmi attraversare questo fiume in pochi minuti e con il minimo sforzo!”. Sorpresa la tartaruga rispose:
Udite queste parole lo scorpione rispose: “Ma tartaruga, perché mai dovrei pungerti? Rifletti un momento, se ti pungessi mentre mi aiuti ad attraversare il fiume morirei di sicuro anche io in quanto non so nuotare e affogherei in pochi secondi!”. La tartaruga rifletté qualche momento e dopo aver ancora parlato un po’ con lo scorpione si convinse che anche lui aveva molto da perdere. Quindi accettò di aiutarlo ad attraversare il fiume. Così fece salire lo scorpione sulla sua schiena. Entrò in acqua ed incominciò a nuotare verso la sponda opposta. Arrivati a metà tragitto lo scorpione esclamò “Scusami!”.
Un attimo dopo la tartaruga sentì il pungiglione dello scorpione entrare dentro di lei. Capì che entro pochi istanti sarebbe morta. Racimolò le ultime forze e chiese: “Perché l’hai fatto?”. Con tono gelido lo scorpione le rispose: “perché è la mia Natura“.
La favola di Esopo narra dello scorpione e della rana. Esiste però una variante ottocentesca, che preferisco,in cui si parla della tartaruga. Questo racconto ha certamente un significato immediato. La Tartaruga gioca la parte dell’altruismo, lo scorpione dell’egoismo e della malafede. I buoni restano buoni e i cattivi anche. Il finale appare inaspettato e alla domanda “perché”, la risposta pare stupire per la sua banalità: “E’ la mia natura”. Cu nasci tunnu un po’ moriri quatratu (“chi nasce tondo non può morire quadrato”) dice un vecchio proverbio siciliano. E questa pare la morale della favola.
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