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la storia della fotografia…

L’immagine proposta nel presente articolo ha certamente un impatto sulla sensibilità delle persone, tuttavia ormai abituate ad osservare quotidianamente – attraverso internet ma anche nei notiziari televisivi – crudeltà di ogni genere, da quella prodotta dalle guerre o dalla violenza “gratuita” ai danni di individui emarginati dalla società.

Questa foto si colloca tra le tante immagini di violenza, ma a renderla particolarmente amara è la storia che tale scatto nasconde.

La foto risale al 1913 ed è opera di una spedizione francese, il cui scopo era di documentale le diverse società e culture intorno al mondo servendosi dell’allora innovativa tecnica della fotografia.

Protagonista dello scatto è una giovanissima ragazza, rinchiusa forzatamente in una cassa non molto diversa da una bara. La cassa è dotata di un foro che permette alla prigioniera di affacciarsi sul mondo esterno.

I lettori del National Geographic hanno avuto modo di osservare la fotografia nel 1922, anno della sua pubblicazione. Partendo dall’immagine, il relativo articolo offre una spiegazione agghiacciante.

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La giovane ragazza che vedete nell’immagine è una condannata a morte. In Mongolia, all’epoca non si accontentavano di uccidere i condannati in un sol colpo, bensì di rinchiuderli fino all’ultimo respiro in una cassa posizionata su un terreno secco ed arido.

Nei primi tempi, il condannato a morte poteva “godere” di acqua versata in alcune scodelle ai lati della cassa, mentre nel periodo successivo non poteva fare altro che attendere la morte per fame e disidratazione, sotto un sole particolarmente acceso.

Avrete pensato, per il solo fatto che questa immagine esiste, che la storia si è infine conclusa con un lieto fine, che – dopo lo scatto – il team di avventurieri si è adoperato per liberare la condannata. Ebbene, vi sbagliate.

Il capo della spedizione, il banchiere francese Albert Kahn, ha infatti dichiarato di aver lasciato la ragazza lì dov’era e di non aver fatto assolutamente nulla per cambiare il suo destino: tutto per non “alterare” le tradizioni locali.

Apparentemente la ragazza era stata condannata all’agonia a causa di un adulterio che tuttavia diceva di non aver mai commesso. Più tardi la Mongolia abbandonò questa crudele tecnica di condanna a morte per passare alla più “umana” fucilazione.

Maria

Classe 1966, vanta una storica esperienza nella realizzazione di video tutorial e guide legate al mondo del fai da te e del riciclo creativo. Nel 2018 ha deciso di fondare il proprio portale di informazione relativo ai temi a lei tanto cari, col fine nobile di limitare gli sprechi e foraggiare il riuso creativo.

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Maria

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