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Arte e Cultura

La morte della Vergine: il realismo tragico e “irrispettoso”di Caravaggio

Non doveva essere un tipo facile, Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610). Vedeva le cose dell’arte in un certo modo e se gli altri non erano d’accordo con lui, tanto peggio. Un po’ come gli accadde coi preti di Santa Maria della Scala in Trastevere, che rifiutarono di pagargli “La morte della Vergine”.

Dove mai si era vista un Vergine con quelle fattezze? Guardatela, non è certo una bellezza classica, ma una donna del popolo, forse una povera annegata ripescata dal Tevere. E appare proprio morta, non trasfigurata da qualche trucco di luce o aureole varie.

E chi la piange intorno a lei lo fa come farebbe davvero per un familiare che non c’è più, con la disperazione che è degli esseri umani in carne e ossa, qui e ora. Non c’è niente di angelicato, in questo quadro potente e drammatico, solo la cruda onestà di un desolato realismo.

La morte della Vergine: il realismo tragico e “irrispettoso”di Caravaggio

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Chiaro che ai preti trasteverini non potesse andare giù un tale stravolgimento dei canoni classici della pittura, soprattutto tenendo conto che siamo in piena Controriforma cattolica, per la quale la pittura religiosa doveva essere strumento di elevazione per le masse illetterate del popolino (alle quali, tra l’altro, sarà vietato leggere la Bibbia in italiano ancora per qualche secolo).

Il dipinto, oggi conservato al Louvre, venne considerato quasi blasfemo: troppo cruda la sua rappresentazione del cadavere femminile. S’è detto dell’ipotesi della prostituta morta annegata, ma c’è anche chi nella ragazza ha voluto riconoscere i tratti di Lena, celebre modella di Caravaggio.

Ma non tutti furono ciechi come i preti di Santa Maria della Scala. Chi ne capiva si entusiasmò per questo quadro rivoluzionario. Peter Paul Rubens si impegnò personalmente nella trattativa per l’acquisto della tela da parte del duca di Mantova e prima che il quadro prendesse la via del Nord gli artisti di Roma pretesero che venisse esposta al pubblico, il che accadde il 7 aprile del 1607.

 

Adriano

Lettore onnivoro e disordinato. Giornalista di cronaca locale e di tutto un po'. Scrivere è come una droga, ma almeno per quello non ti arrestano.

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Adriano

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